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SOLO UN ASSAGGIO

PER SOLLETICARE LA VOSTRA CURIOSITÀ VI LASCIO IL PRIMO CAPITOLO DI "HYBRID".

Roma, giorno di metà agosto.

 

Serena guardava fuori dalla finestra del salotto del piccolo appartamento.

La pioggia batteva insistente da ore. 

L'incessante picchiare delle gocce sul vetro era la prima avvisaglia del termine prematuro di un’estate che non le aveva scaldato il cuore.

Non fino in fondo.

La spiaggia dorata di quel tratto di costa si difendeva dall’assalto dello scroscio con testardaggine, ancora convinta di essere nel diritto di rivendicare il suo ruolo in una stagione che volgeva clamorosamente al termine.

Piccole impronte prendevano vita là dove le gocce si facevano maggiormente aggressive e riuscivano a violarne le difese, mentre il bagnasciuga si proteggeva dall’attacco delle lingue d’acqua che dal mare aggredivano la terra ferma.

Le onde, spinte da un vento fresco e ululante, si facevano via via più alte e Serena sembrava essersi persa in quell’ipnotico movimento mai stanco e sempre più intenso.

Le iridi dorate fissavano un punto lontano cercando una concentrazione che sembrava averla ormai abbandonata.

Erano settimane che non aveva notizie di Emma. Settimane che la sua amica non rispondeva ai messaggi o alle chiamate. Anche il loro legame mentale sembrava essersi drammaticamente interrotto.

Serena era preoccupata come mai nella sua vita, perché mai nella sua vita aveva perso il contatto con lei per un tempo tanto lungo. In ogni caso, le aveva promesso che avrebbe riposto in lei fiducia e che avrebbe atteso con pazienza che fosse stata lei a chiederle di tornare e mai avrebbe tradito la parola data. 

Credeva nella sua amica, ma da giorni un sentore amaro di bile le risaliva dallo stomaco e lei non riusciva più a ignorarne la presenza.

Per questo motivo aveva chiamato Dimitri e gli aveva chiesto di tornare a Roma, così come aveva fatto lei la prima settimana di agosto.

Dopo averne parlato con Patrick, si era convinta che sarebbe stato meglio non precipitarsi a Praga e spettare che fosse Emma a chiamarla. 

Per quanto Serena fosse certa che la sua amica presto li avrebbe convocati, l'attesa si era fatta insopportabile e la distanza da lei troppo dolorosa.

«Sei pronta?» Patrick le si era avvicinato silenzioso e le aveva stretto le braccia attorno alla vita. Il giovane Guardiano appoggiò il mento sulla spalla di Serena affondando il viso nell’incavo del collo della sua strega. Le baciò con devozione i muscoli tesi che non volevano saperne di allentare la presa sulla nuca dolente. Serena aveva iniziato a soffrire di violente emicranie il giorno in cui aveva perso ogni contatto con Emma. La torturavano anche per giorni interi.

«Credo stiano per arrivare», continuò lui stampandole un bacio sulla guancia e accompagnando lo sguardo di lei con il proprio.

Anche Patrick era agitato e preoccupato.

Il contatto tra le due ragazze era stato motivo di serenità durante l’estate appena trascorsa. Quel canale speciale aveva permesso a tutti loro, Dim e Claudia compresi, di conoscere l’evoluzione degli avvenimenti che si susseguivano al palazzetto. Il silenzio di quelle ultime settimane era frustrante e lo rendeva inquieto.

Il trillo del campanello del piccolo appartamento fronte mare interruppe quel momento di silenzio.

Serena sussultò; era talmente tesa da essere scossa e beffata da quel suono banale.

«Vado io ad aprire», la rassicurò lui.

Un attimo dopo, Patrick fece ritorno nell’accogliente salotto seguito da Dim e Claudia.

Il bel vampiro si avvicinò a Serena e la strinse a sé.

Dim si beò di quell’abbraccio. Serena gli era mancata e quella forzata separazione aveva reso la loro vacanza meno gradita di quanto avevano sperato.

Tutti e quattro avevano trascorso le ultime settimane aspettando una chiamata che ancora non era giunta. Non ne potevano più di stare lontani gli uni dagli altri.

Dim fece un passo indietro e prese il volto di Serena tra le mani.

Ne osservò i tratti e gli parvero sofferenti.

Anche gli occhi, sempre accesi di una perpetua luce, ora apparivamo spenti… lontani.

«Stai bene?» le chiese in un bisbiglio a cui lei rispose ritraendosi e tornando a guardare fuori dalla finestra.

Dim volse il viso a Patrick che assottigliò le labbra e rese quel silenzio più denso con la sua muta risposta.

«Al diavolo, è successo qualcosa?» li interrogò Dim.

Quel sentimento di fallimento che impregnava la stanza gli era estraneo. Lui era intimamente convinto che Emma avesse fatto quanto necessario e che presto avrebbe chiesto loro di tornare a casa. Non capiva per quale dannata ragione quei due fossero tanto afflitti.

«Allora?» insistette.

Quando ancora non ebbe alcuna risposta, temette che qualcosa non fosse andato per il verso giusto e un senso di allarme serpeggiò nel suo animo.

«Sere, Emma sta bene, non è così?» 

Solo in quel momento lei si voltò per dargli una risposta. Quelle parole appena accennate, distorte da un angosciante accento di preoccupazione la convinsero a parlare.

«Io… io no lo so!» riuscì a dire.

«Non la sento da settimane ormai e non so cosa stia accadendo».

Serena provò uno struggente sentimento di vergogna nel dover ammettere di non essere più in grado di dare loro notizie in merito a Emma, Martha e Gabriel.

Dim la guardò stordito.

Una profonda ruga gli tagliò la fronte a metà e le sopracciglia schiarite dal sole estivo si contrassero per la preoccupazione.

«Vi ho chiesto di tornare per questo motivo. Per decidere insieme cosa fare, se andare o aspettare ancora».

La voce di Serena era appena udibile, assopita dal groppo che le congestionava la gola.

Un raggio di quel sole guerriero, che non si arrendeva a soccombere alle nere nuvole che si stavano impadronendo del suo cielo, si fece strada all’interno dalla camera e sfiorò in una mite carezza il volto della strega rivelando due occhi umidi e insicuri.

«Tu credi che lei sia in pericolo?» 

Dimitri si spostava a grandi falcate nella stanza cercando, con quel perpetuo andirivieni, di sciogliere i muscoli delle gambe che si stavano pietrificando ogni istante di più.

La tensione nervosa stava prendendo il sopravvento sul suo ottimismo.

Serena insisteva a fissarlo, muta.

La bocca semiaperta come se volesse forzare le parole che si erano ancorate al palato a venire fuori, ma quelle, incerte e terrorizzate, non volevano saperne di essere pronunciate.

Fu in quell’immobile istante che il cellulare di Patrick trillò.

L’icona di un messaggio in arrivo ammiccava suadente dal display dell’iPhone.

Il Guardiano lesse il breve testo e subitamente le spalle cambiarono postura in favore di un atteggiamento maggiormente rilassato.

Un sorriso sincero si aprì sul suo volto e lo sguardo si tinse di luce.

«Si torna a casa. È Emma», disse.

Serena gli strappò il telefono di mano.

«Cosa dice?» chiese controllando lei stessa.

«Che dobbiamo rientrare», rispose Patrick.

«Non aggiunge altro?» 

Claudia si era avvicinata di un passo.

«Andiamo, non stiamo qui a discutere. Il viaggio è lungo e io voglio tornare a casa».

Dim era già sulla porta, con lo zaino in spalla e le chiavi della jeep che ciondolavano in bella vista dalla mano destra.

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